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Essere uno showrunner (parte seconda)

Di che cosa si parlerà in questa seconda parte: le storie da raccontare; lo showrunner nel dettaglio.

Quante storie: ricche di vita, di morte, amore, dolore, rabbia, gioia, odio, rancore, vendetta, amicizia, lealtà…si creano storie per mille motivi: per essere ascoltati, per emozionare, per condividerle, per fruirle e, oggi, ovunque, grazie ai tanti dispositivi, per averle come compagni di viaggio, di solitudine, di discussione.

“Essendo cresciuto con il cinema, a rischio di essere banale, per me ha sempre iul suo fascino stare in una stanza buia e ascoltare e vedere qualcosa. Io spero sempre di trovare lì delle risposte e delle sicurezze”, ha detto Tim Burton, uno dei geni del cinema post moderno. Callido.

Hook, ciffangher: sostanzialmente, creare storie per far dire ai fruitori, voi, “che cosa accadrà adesso?”.

Lo showrunner studia i personaggi, inserisce etopee verosimili; a volte è lalofobico. Paradosso? No. Poiché deve vedere parallelamente per immagini. Inoltre si addentra nei luoghi più nascosti dell’anima del personaggio, parla con gli elettricisti, elabora strategie di marketing e promozione, compila budget e preventivi, redige contratti, riporta leggi fiscali mondiali, studia le tasse, fa public speaking, insegna a recitare, esamina l’illuminotecnica, la scenografia, i costumi, gli angoli e la centralità delle inquadrature. Dà direttive al regista e agli sceneggiatori, presiede la writer’s room, è in contatto con la produzione e la produzione esecutiva, segue la distribuzione, dialoga con la segreteria di edizione. È la serie a 360 gradi.

Crea logline, treatement, script, screenplay, scale, montage…Onusto. Appagato. Occorre una forte dose d’ironia mista a malinconia, solitudine creativa, follia disordinata, scetticismo mirato, determinazione ostinata, devozione mistica e fiducia nelle proprie abilità.

Di che cosa si parlerà nella terza parte: come nasce lo showrunner – un po’di storia; la definizione dello showrunner; lo showrunner valido; che cosa vogliono gli studio e i network dagli showrunner.

To be continued …

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Essere uno showrunner (parte prima)

Di che cosa si parla in questa prima parte: chi è lo showrunner secondo le voci degli esperti conosciuti; che cosa vuol dire per me scrivere storie.

In molti mi hanno chiesto che cosa vuol dire “showrunner“, ma non è una parola che può essere tradotta in maniera semplicistica. In Italia questo termine viene trasposto con il concetto, non del tutto esatto, di “Creatore d’idea”. La matrice è statunitense, relativa esclusivamente alle serie televisive. L’opinionista Scott Collins del Los Angeles Times scrive: «dei “tuttofare”, un curioso ibrido di artisti visionari e operational manager duri come la roccia. Non sono solo sceneggiatori; non sono solo produttori. Essi assumono e licenziano sceneggiatori e membri della troupe, sviluppano la trama, scrivono copioni, assegnano le parti agli attori, si occupano del budget e gestiscono le interferenze tra lo studio ed i capi dell’emittente. È uno dei lavori più insoliti ed impegnativi, che impiegano ambedue gli emisferi cerebrali, nel mondo dell’intrattenimento… Gli showrunner fanno, e spesso creano, le serie, ed oggi più che mai, le serie televisive sono le uniche cose che contano. Nella “lunga corsa” dell’economia dell’intrattenimento, gli spettatori non guardano le reti televisive. Non importano mai le reti a loro. Essi guardano le serie. Non gli importa di come le ottengono.» (Fonte wikipedia)

Orbene, presso l’UCLA, dal Professor Neil Landau, massimo scrittore di cinema e serie tv al mondo e dalla showrunner Sarah Gertrude Shapiro, ho imparato che per ricoprire questa importante funzione è necessario avere avuto esperienza in tutti i ruoli nel settore televisivo. Ebbene, posso dire di averlo fatto: dal più umile al più impegnativo.

Lo showrunner è, in primis, uno scrittore ed uno sceneggiatore: inventa, crea idee, su questo aspetto concordo, ma non è -per l’appunto-  l’unico compito che gli viene affidato.

Io ho scelto di scrivere prima di tutto per me stesso, guardarmi intorno e meravigliarmi ogni giorno delle piccole cose. Di solito porto con me sempre una matita ed un foglio, proprio perché quando mi coglie l’ispirazione non voglio essere impreparato. Imparare ad essere l’occhio indagatore sulle realtà nelle infinite sfaccettature, proprio come un pirata che scruta verso l’orizzonte. Non esiste una scena, ma milioni di fotogrammi. Ognuno di essi ha vita propria. Io so come farne una storia. E queste storie scritte e poi girate non puntano mai verso una sola direzione: s’incrociano, si sfiorano, si toccano, a volte. Poche volte. La visione  delle cose è sempre sottoposta ad un occhio attento. Spesso solitario, altre volte, difficilmente, condiviso.

Di che cosa si parlerà nella seconda parte: le storie da raccontare; lo showrunner nel dettaglio.

To be continued…